Consiglio di Stato, sezione quarta, Sentenza 13 maggio 2019, n. 3097.

La massima estrapolata:

Il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla , con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi.

Sentenza 13 maggio 2019, n. 3097

Data udienza 9 maggio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sull’appello n. 7808 del 2018, proposto dalla soc. coop. edilizia a responsabilità limitata Mi. La. Pr. e dalla soc. coop. edilizia a responsabilità limitata Ca. Ma. 19., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Ri. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza (…);
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Do. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
la Gestione Commissariale del piano di rientro del debito pregresso del Comune di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Seconda n. 5730/2018, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e della Gestione Commissariale del piano di rientro del debito pregresso del Comune di Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato Lo. Gr. Tr., su delega dell’avvocato Ri. Ca., l’avvocato Do. Ro. e l’avvocato dello Stato Gi. Sa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso di primo grado n. 3343 del 2017 (proposto al TAR per il Lazio, Sede di Roma), le società appellanti hanno lamentato la mancata esecuzione della sentenza n. 1621 del 2016 della Corte di Cassazione, che ha ordinato a Roma Capitale di depositare presso la Cassa Depositi e Prestiti la somma di Euro 210.092,00, “al netto di quanto già versato”, liquidata a titolo di indennità di esproprio, “con gli interessi legali decorrenti dalla data del decreto di espropriazione”, e, nel contempo, di pagare la somma di Euro 7.527,00 a titolo di spese processuali, “oltre accessori di legge”.
Le società hanno dedotto di avere notificato la sentenza, munita di formula esecutiva, in data 1° aprile 2016 sia a Roma Capitale che alla Gestione Commissariale ed hanno chiesto che sia data ottemperanza al giudicato, con la nomina di un commissario ad acta e la declaratoria della spettanza di una somma di denaro per ogni ulteriore ritardo.
Roma Capitale, costituitasi in giudizio, ha eccepito l’inammissibilità dell’azione, rilevando l’applicabilità dell’art. 248 del testo unico n. 267 del 2000, ed ha contestato il computo degli interessi spettanti.
In data 7 febbraio 2018, Roma Capitale ha inoltre prodotto copia della delibera n. 1558 del 23 ottobre 2017, che ha disposto “il riconoscimento della legittimità del debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 78, comma 4, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112”.
Le società, con una memoria difensiva, hanno contestato la ritualità di tale riconoscimento ed hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
2. Con la sentenza n. 5730 del 2018, il TAR ha dichiarato improcedibile il ricorso ed ha compensato le spese del giudizio, rilevando che:
– il ricorso azionato riguarda un “debito sorto antecedentemente al 20 aprile 2008″, sicché vi è la competenza della Gestione Commissariale istituita ai sensi dell’art. 78 del d.l. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 133 del 2008;
– è stata depositata in atti la determinazione dirigenziale n. 1558 del 23 ottobre 2017, ritualmente munita dell’attestazione, afferente l'”avvenuta assistenza giuridico-amministrativa ex art. 97, comma 2, del D.Lgs. 267/00” del Segretario Generale, con cui Roma Capitale ha proceduto al “riconoscimento della legittimità di debito fuori bilancio ai sensi dell’art. 78, comma 4, del D.L 25 giugno 2008, n. 112”, non permane, dunque, che dichiarare il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse;
– il provvedimento dell’Amministrazione comunale di “riconoscimento del debito fuori bilancio” ha carattere satisfattivo della domanda proposta in sede di ottemperanza.
3. Con l’appello in esame, le società hanno impugnato la sentenza del TAR, deducendo che:
– a seguito della declaratoria della improcedibilità del ricorso originario, il TAR avrebbe dovuto condannare Roma Capitale al pagamento delle spese del giudizio;
– il TAR avrebbe dovuto accogliere la domanda, come proposta nei confronti della Gestione Commissariale, poiché sarebbe mancato del tutto il procedimento mediante il quale la medesima Gestione avrebbe dovuto estinguere il debito, procedimento da considerare necessario, perché la soddisfazione delle ricorrenti non vi è stata con il riconoscimento del debito fuori bilancio.
Roma Capitale si è costituita in giudizio ed ha chiesto che l’appello sia respinto.
In data 17 aprile 2019, le società appellanti hanno depositato documenti.
4. Così sintetizzate le censure delle appellanti, ritiene la Sezione che sia infondato e vada respinto il primo motivo, con cui è stata chiesta la condanna di Roma Capitale al pagamento delle spese del giudizio di primo grado.
Va richiamata la pacifica giurisprudenza, che il collegio condivide e fa propria, per la quale, anche nell’attuale quadro normativo, il TAR ha ampi poteri discrezionali in ordine al riconoscimento, sul piano equitativo, dei giusti motivi per far luogo alla compensazione delle spese giudiziali, ovvero per escluderla (Cons. Stato, Ad. Plen., 24 maggio 2007, n. 8), con il solo limite, in pratica, che non può condannare alle spese la parte risultata vittoriosa in giudizio o disporre statuizioni abnormi (per tutte, Consiglio Stato, Sez. IV, 2 gennaio 2019, n. 50; Sez. III, 9 novembre 2016, 4655; Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5012; Sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 891; Sez. IV, 22 giugno 2004, n. 4471; Sez. IV, 27 settembre 1993, n. 798).
La compensazione delle spese è di per sé compatibile con la pronuncia di improcedibilità del ricorso, potendo essere basata su un apprezzamento, espresso o implicito, della emanazione di un atto volto a soddisfare l’interesse del ricorrente.
6. Risulta invece fondato, e va accolto, il secondo motivo, con cui è stata riproposta la domanda di pagamento, rivolta nei confronti della Gestione Commissariale da considerare debitrice, e non esaminata in primo grado.
Nella specie, è pacifico che la sentenza della Corte di Cassazione n. 1621 del 2016 si è pronunciata sulla pretesa delle ricorrenti di percepire nel giusto importo l’indennità di espropriazione, in relazione all’esproprio di alcune aree disposto con il decreto n. 1227 del 1996.
Si tratta dunque di una obbligazione derivante da tale decreto di esproprio, e dunque di un’obbligazione riferibile ad una vicenda sorta prima del 28 aprile 2008: al pagamento risulta tenuta la Gestione commissariale, organo governativo istituito con il decreto legge n. 112 del 2008, convertito nella legge n. 133 del 2008.
Rileva pertanto l’art. 4, comma 8 bis, del d.l. n. 2 del 2010, convertito nella legge 42 del 2010, per il quale la Gestione Commissariale risponde – con un bilancio separato rispetto a quello della gestione ordinaria – per le ‘obbligazioni derivanti da atti o fatti posti in essere fino alla data del 28 aprile 2008″ riferibili a Roma Capitale, “anche qualora le stesse siano accertate e i relativi crediti siano liquidati con sentenze pubblicate successivamente alla medesima data”.
Poiché con il riconoscimento del debito fuori bilancio non vi è stata l’effettiva soddisfazione della pretesa azionata, la domanda di esecuzione va accolta nei confronti della Gestione Commissariale.
6. Per le ragioni che precedono, in parziale riforma della sentenza impugnata, va ordinato alla Gestione Commissariale di provvedere alla estinzione del debito derivante dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione n 1621 del 2016, salvi i rapporti intercorrenti tra la Gestione Commissariale e Roma Capitale.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta accoglie in parte l’appello n. 7808 del 2018 eordina alla Gestione Commissariale di provvedere alla estinzione del debito derivante dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione n 1621 del 2016.
Compensa tra le parti le spese del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, presso la sede del Consiglio di Stato, Palazzo Spada, nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente, Estensore
Luca Lamberti – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
Roberto Caponigro – Consigliere

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